LA PRATICA DELL’INNESTO

a cura di Gionata Stancher

L’innesto non è un sistema di riproduzione indispensabile per le piante grasse, dato che tutte le specie crescono bene sulle proprie radici, a condizione, ovviamente, di soddisfare completamente le loro peculiari esigenze. Tuttavia viene considerata una pratica di grande utilità in quanto facilita la coltivazione di specie notoriamente "difficili" o dalla crescita particolarmente lenta. Innestando una pianta si ottiene infatti un completo scambio della linfa fra la marza e il soggetto, quindi, scegliendo un portainnesto particolarmente robusto, si favorisce un’afflusso di acqua e nutrienti alla marza maggiore di quanto normalmente le giungerebbe con l’assorbimento dalle proprie radici.
L’innesto viene quindi utilizzato per affrettare la crescita di specie particolarmente lente portandole così rapidamente alle dimensioni da fiore, oppure per facilitare la coltivazione di piante predisposte a marciumi o che comunque necessiterebbero di attenzioni speciali. Così capita frequentemente di vedere innestate piante come Aztekium ritteri e hintonii, Discocactus horstii, Uebelmannia pectinifera e molte altre. Inoltre molte piante già naturalmente pollonanti se innestate tendono a proliferare in modo abnorme; si viene a creare in tal modo una fonte continua di nuove talee che possono essere staccate e fatte radicare, oppure a loro volta innestate (per esempio, Sulcorebutia).
La scelta della specie da utilizzare come soggetto dipende dalle caratteristiche stesse del soggetto e dal tipo di influenza che si prevede avrà sulla marza. Specie ideali per fungere da soggetto sono molte cactacee colonnari appartenenti ai generi Trichocereus, Cereus o globose come Echinopsis. Naturalmente la scelta del soggetto deve dipendere dal tipo di crescita che quest’ultimo impone alla marza. Per esempio, Hylocereus imprime una crescita tendenzialmente deformante, altre specie invece ne affrettano la crescita senza però denaturalizzarne eccessivamente la forma. Molti esperti consigliano Trichocereus pachanoi tanto per la presenza di corte spine che rendono più facile l’operazione quanto per il tipo di crescita omogenea della marza. Lo stesso vale per Eriocereus jusbertii (probabilmente un ibrido fra un Eriocereus e un Echinopsis) e Myrtillocactus geometrizans. Per l’innesto di semenzali sono spesso scelti Pereskiopsis (si usano talee radicate), Selenicereus (si possono usare anche talee non radicate) oppure Cereus jamacaru della stessa età della marza, di solito poche settimane.
La tecnica di innesto più utilizzata nella famiglia delle Cactaceae è quello per sovrapposizione, che consiste sostanzialmente nel praticare due tagli orizzontali alla base della marza e all’apice del soggetto e di sovrapporli quando il taglio è ancora fresco. Osservando la superficie di taglio tanto della marza quanto del soggetto è possibile notare un cerchio dal diametro più o meno ampio che, ad un’analisi accurata, appare costituito da piccoli puntini; questi sono in realtà la sezione orizzontale di un gruppo ordinato di fasci conduttori che collegano l’apice con le radici e che permettono lo scorrimento della linfa (xilema e floema). Condizione essenziale per la buona riuscita di un innesto è che i fasci della marza e del soggetto vengano a coincidere con la sovrapposizione, almeno in parte. Talvolta non è possibile far coincidere esattamente i cerchi dei fasci, data la differenza di diametro fra marza e soggetto (vedi l’innesto su Pereskiopsis): anche in tali casi l’innesto può riuscire sempre che vi sia coincidenza in almeno un punto (l’afflusso di linfa sarà però in questo caso minore). Altro punto fondamentale riguarda la fase vegetativa: sia la marza che il soggetto devono essere in crescita attiva, soprattutto quest’ultimo. Pertanto il periodo migliore per praticare innesti è quello estivo.
L’innesto di piante adulte prevede la scelta d’esemplari dotati di un cerchio dei fasci simile. Si tenga in considerazione a questo proposito che non sempre il diametro della pianta è proporzionale a quello della cerchia dei fasci. Per esempio, i Cereus e specie affini presentano un cerchio dei fasci più stretto rispetto a molte piante globose dello stesso diametro; per questo motivo si tende ad innestare marze su portainnesti dal diametro complessivo maggiore. L’altezza ideale di taglio del portainnesto può variare da 1-2 cm a 10 cm o più, secondo le caratteristiche del soggetto, delle dimensioni della marza e, ovviamente, anche dalla nostra scelta personale.

Come s’innesta...

L’operazione di innesto deve essere effettuata con precisione e rapidità. Le attrezzature indispensabili sono un rasoio affilato e degli elastici che serviranno a legare il tutto e mantenere le due parti attaccate. Non si utilizza mai nessun tipo di mastice. Prima ancora di tagliare, sarebbe utile cercare di "prevedere" le dimensioni dei fasci in modo tale da non trovarsi a metà operazione con differenze troppo accentuate fra soggetto e marza.
Si prepara il soggetto tagliandolo nella parte di vegetazione nuova o, al massimo, dell’anno precedente (ma non se è un Pereskiopsis). I tessuti sono ancora molto acquosi e non lignificati. Per evitare che durante la preparazione della marza la superficie di taglio si asciughi, si taglia poi un dischetto spesso pochi millimetri, che sarà lasciato in loco e tolto solo al momento della sovrapposizione. Importante: il taglio deve essere netto e dovrà essere effettuato con un colpo solo per evitare la formazione di "scalini" che impedirebbero una perfetta adesione delle due superfici.
Si prepara la marza tagliandola alla base ed asportando così il colletto oltre che tutto l’apparato radicale.
Si toglie il dischetto protettivo dal soggetto e si sovrappone la marza: i fasci devono coincidere almeno in parte. Anche se non si vedono, con un po’ d’intuizione è possibile assicurare una corretta sovrapposizione. Se per esempio il soggetto ha il cerchio dei fasci leggermente più largo, la marza andrà posta un po’ decentrata.
Si lega il tutto con gli elastici, facendoli passare sulla sommità della marza e sotto il vaso. La tensione deve essere tale da garantire un perfetto contatto dei due tessuti. Siccome l’applicazione dell’elastico determina inevitabilmente uno spostamento della marza, si consiglia di stabilire l’esatta posizione di quest’ultima solo alla fine.
I giorni successivi l’innesto le regioni di taglio esposte all’aria tendono a ritirarsi rispetto al livello dell’epidermide, ciò che potrebbe determinare un sollevamento della marza. Per questo si consiglia, al momento della preparazione del soggetto, di smussarne le coste presso il punto d’innesto, come se si dovesse "fare la punta" ad una matita.
In ogni caso, l’utilizzo di soggetti in piena fase di assorbimento di acqua (lo si può verificare dall’osservazione dei tessuti che devono essere rigonfi e turgidi al tatto) limita notevolmente la reazione di disidratazione successiva al taglio, mantenendone piuttosto piana la superficie.
Un altro motivo per cui si consiglia di scartare i soggetti che non appaiono in piena vegetazione è che la loro superficie esposta subito dopo il taglio appare relativamente asciutta, laddove nei soggetti più vitali si osserva la fuoriuscita di abbondante mucillaggine (variabile comunque a seconda delle specie) la cui presenza sembra indispensabile ai fini di una saldatura delle due superfici.
Gli elastici possono essere tolti già dopo pochi giorni, dato che le superfici cicatrizzano rapidamente. L’attecchimento vero e proprio può però richiedere tempi anche abbastanza lunghi (qualche settimana), e tali in ogni modo da determinare talvolta un inizio d’avvizzimento della marza, che si rende reversibile nel momento in cui la linfa comincia a scorrere regolarmente. E’ utile tuttavia cercare di limitare la disidratazione, quindi si eviteranno esposizioni al sole diretto. In ogni caso non si abbia fretta a buttare via tutto o a staccare la marza avvizzita decretando il fallimento dell’esperimento.

L’innesto su Pereskiopsis

Pereskiopsis è un genere di cactacee dal portamento arbustivo e con foglie verdi. Talee radicate di fusto, dello spessore di una matita, vengono utilizzate come speciali soggetti.
Su Pereskiopsis si usano innestare i semenzali al fine di indurre una crescita più rapida durante i primi mesi o anni. Le marze adatte a questo tipo d’innesto sono quelle di poche settimane, dalle dimensioni di pochi millimetri (fino a ½ cm). Il tratto di soggetto che dovrà essere tagliato deve essere compreso nel segmento di crescita nuova, ancora dotato di foglie verdi e di consistenza erbacea. La Pereskiopsis possiede una cerchia dei fasci molto ampia, mentre nelle plantule di poche settimane è poco più che un puntino. Pertanto la sovrapposizione sarà necessariamente parziale e la marza andrà posta quasi all’orlo del soggetto: se la si mette al centro, il puntino dei fasci sarà sul midollo e l’innesto non attecchirà. La preparazione dell’innesto è la stessa già descritta e verrà utilizzato di preferenza un rasoio di sicurezza ben affilato. Non è necessario fissare la marza con elastici o altro dato che se il soggetto è in piena vegetazione viene emessa dalla superficie di taglio del muco che ne facilita l’adesione; tuttavia è possibile (ma non indispensabile) posizionare dei pesi leggeri sulla sommità per farla aderire meglio alla superficie di taglio. Il problema principale che si presenta in questo tipo di innesto è quello relativo alla disidratazione della marza, la quale, essendo molto piccola, avvizzisce rapidamente seccandosi talvolta prima dell’attecchimento. Un utile sistema per prevenire quest’eventualità consiste nel posizionare un bicchiere di plastica capovolto (o una mezza bottiglia) sopra il vaso, eventualmente vaporizzandone le pareti interne per i primi giorni. Dopo massimo un paio di settimane la marza dovrebbe cominciare a gonfiarsi e a "sollevarsi". Pereskiopsis si coltiva facilmente in terriccio arricchito, mantenendo il substrato leggermente umido ed evitando temperature sotto i 5°.
Gli innesti su Pereskiopsis sono purtroppo antiestetici. E’ possibile tentare un affrancamento della pianta già cresciuta, per quanto sia piuttosto difficile. Più semplicemente, si possono mantenere le cose come stanno e limitarsi a considerare questa brutta chimera come una pianta madre atta semplicemente alla riproduzione (agamica e non).

L’innesto su Selenicereus
L’innesto delle marze su Selenicereus prevede l’utilizzo di talee dell’anno o dell’anno precedente non necessariamente radicate; proprio l’assenza del vaso nelle varie fasi di lavorazione della marza e del soggetto rende l’operazione molto più semplice e precisa. I fusti del soggetto, che sono generalmente dello spessore di 1-2 centimetri, vanno tagliati in segmenti di circa 4 cm o più badando bene di conservare la polarità lato inferiore/lato superiore onde evitare di applicare in seguito la marza laddove dovranno spuntare le radici. Come marze si utilizzano di solito semenzali di almeno 5 mm di diametro per evitare che, se troppo piccoli, possano disidratarsi prima dell’attecchimento. Le successive operazioni sono le consuete: taglio della marza, taglio netto del soggetto (ma senza bisogno di smussarne le coste), sovrapposizione e infine legatura con un elastico. Il tutto andrà riposto per la prima settimana in un sacchetto trasparente che conservi l’umidità e limiti l’evaporazione, successivamente si potrà rimuovere l’elastico e cominciare ad aprire il sacchetto. L’innesto andrà tolto e piantato in un vaso con terriccio arricchito ed umido solo dopo aver verificato la presenza di abbozzi delle radici, che non dovrebbero tardare a spuntare, dato il microclima cado-umido che si è conservato all’interno del sacchetto. Nello stesso tempo, un’osservazione attenta della marza dovrebbe rivelare un inizio di crescita, questo ovviamente se l’innesto è riuscito (passano circa un paio di settimane prima che si presentino i primi segni positivi).
Per i semenzali è preferibile utilizzare talee di Selenicereus su qualsiasi altro soggetto, non solo per la possibilità di utilizzare segmenti di fusto non radicati, ma anche per la rapidità di attecchimento delle marze e l’elevata percentuale di successi. Il muco prodotto abbondantemente sulla superficie di taglio funziona come una specie di colla che facilita l’adesione delle due superfici e di conseguenza il successivo scambio di linfa tra marza e soggetto. La cerchia dei fasci è da Cereus, cioè stretta, quindi le piccole marze possono essere posizionate comodamente al centro, piuttosto che decentrate come in Pereskiopsis, il che rende il fissaggio molto più semplice e sicuro. Inoltre, utilizzando segmenti di 4 cm aventi uno spessore almeno "decente", gli innesti risultano molto meno antiestetici rispetto a quelli effettuati sui lunghi e sottili Pereskiopsis, anche se la crescita è un po’ più lenta. Infine, esiste sempre la possibilità di abbassare l’innesto in qualsiasi momento, semplicemente tagliando il soggetto all’altezza desiderata e trattando la parte superiore con la marza come fosse una talea. Infatti Selenicereus emette radici con estrema facilità soprattutto se l’ambiente è caldo e piuttosto umido, come ci dimostra anche la sua capacità di produrre radici avventizie (ma la superficie di taglio deve comunque essere cicatrizzata completamente per evitare che marcisca). Selenicereus non è un cactus desertico ma vive sugli alberi come epifita, quindi desidera terriccio arricchito mantenuto umido e un certo calore invernale (fino a 7°).

L’innesto con la tecnica dell'Ipocotile
I più esperti da qualche anno seguono anche altre strade, come ad esempio quella di un innesto decisamente particolare, chiamato Ipocotile. Questo tipo di innesto avviene su giovani plantule di circa un mese, e praticamente consiste nel sostituire l'intero apparato radicale. Come portainnesto solitamente si usano Cereus peruvianus e Cereus jamacaru, ma anche altre specie cereiformi come Cereus validus, in quanto queste producono un lungo ipocotile e quindi sono molto comodi per le operazioni di innesto, che si effettua su piante di 2/3 mm. di diametro. I portainnesti devono essere seminati circa 4 settimane prima delle piante che si vogliono poi utilizzare come marza (ad esempio Ariocarpus, Turbinicarpus o altre rarità a crescita lenta e a radici delicate).
Quando si seminano le piante "interessanti", i portainnesto debbono essere trapiantati in vasetti formato ditale (da 3 cm. circa di diametro) e quindi lasciati per quattro settimane affinché si rimettano in sesto dopo lo stress del trapianto e riprendano vigore nella crescita. Quando le piante "interessanti" hanno raggiunto i 2/3 mm. di diametro (circa a 4 settimane dalla semina) è il momento giusto per procedere all'innesto.La scelta del momento giusto per innestare è fondamentale per la buona riuscita dell'operazione, in quanto se si procede in ritardo e le giovani plantule cominciano ad emettere le spine, oppure i cereus diventano troppo grandi, è molto più faticoso riuscire nell'innesto. Le piante vengono tagliate nella zona dell'Ipocotile, come evidenziato nel disegno, mentre il portainnesto un po' sopra, perché è stato riscontrato che nella zona dell'ipocotile è troppo debole. Una volta effettuato l'innesto bisogna porre la pianta sotto una leggera pressione per 24 ore (potrebbe essere un'etichetta fermata da dei libri un po' sotto la misura dell'altezza del nostro innesto. Quindi la pianta va posta per due giorni in una piccola serra calda, o in una seminiera, avendo l'accortezza di tenere altissima l'umidità (prossima al 100%) ambientale.
Dopo un anno si possono trapiantare le piantine in vasi più grandi. Attenzione che con le piante globose, come Astrophytum asterias, l'innesto ipocotile può presentare qualche problema. Infatti dopo circa un anno bisogna procedere ad un nuovo innesto su altro soggetto o far radicare la marza, in quanto altrimenti la vigoria nella crescita porterebbe la marza a soffocare il portainnesto.
 
Il mantenimento dell’innesto
Un innesto deve essere coltivato secondo le caratteristiche della marza o del soggetto? Questo problema pone naturalmente numerosi interrogativi dato che spesso vengono "associate" specie con esigenze di coltivazione molto diverse.
Per quanto riguarda il terreno e l’apporto idrico la tecnica di coltivazione deve essere riferita al soggetto. Se per esempio abbiamo innestato una Pelecyphora su un Trichocereus il terriccio da utilizzare è quello piuttosto grasso da Cereus, e secondo lo stesso principio la frequenza delle innaffiature dovrà essere maggiore di quella che normalmente utilizzeremmo con una Pelecyphora franca. Va ricordato comunque che un apporto idrico e di nutrienti eccessivamente elevato, anche se ben sopportato dal soggetto, potrebbe determinare lo "scoppio" della marza con la conseguente formazione di cicatrici permanenti. Questo inconveniente potrebbe facilmente presentarsi nel periodo primaverile qualora le marze disidratate e con una cuticola non più elastica vengano spinte a recuperare le dimensioni normali troppo velocemente.
Per contro l’esposizione al sole riguarda quasi esclusivamente la marza: se la specie è ombrofila, tutto l’innesto andrà posto in luogo ombroso. Le temperature minime vanno riferite a quale dei due, fra marza e soggetto, è più sensibile al freddo. Se per esempio abbiamo innestato un Discocactus su un Trichocereus dobbiamo considerare le temperature minime del Discocactus, che sono di 10°. Gli innesti di Gymnocalycium mihanovichii con Hylocereus devono essere mantenuti a temperature superiori a 10°(Hylocereus è specie tropicale), anche se Gymnocalycium resisterebbe a qualche grado sotto zero.
La crescita rigogliosa della marza, che tende sempre più ad avvolgere e nascondere il soggetto, potrebbe portare negli innesti più vecchi ad un inconveniente tanto grave da rendere necessaria un’attenta opera di prevenzione: la marza, spingendo contro il soggetto, potrebbe staccarsi da esso escludendosi in tal modo dagli scambi linfatici che provvedevano a mantenerla in vita. Purtroppo accorgersi di questo problema non è così facile ed immediato come si potrebbe pensare, anzi spesso ce ne rendiamo conto solo quando la marza è a tal punto disidratata da rendere impossibile tanto un innesto su un nuovo soggetto quanto un tentativo di affrancamento. A questo proposito è utile ricordare che non occorre che tutta la marza sia completamente staccata dal soggetto; è sufficiente che non vi sia più contatto fra i fasci. Particolarmente portate a questo problema sono le marze fortemente accestenti (i polloni più bassi crescendo fanno leva sul soggetto) e quelle caratterizzate da tessuti molto rigidi e difficilmente deformabili. Lo stesso vale per il soggetto, dato che solo quelli piccoli e sottili non oppongono eccessiva resistenza e anzi vengono tranquillamente avvolti dalla marza (vedi più avanti l’affrancamento naturale). La prevenzione consiste in una periodica osservazione del punto di attacco, che deve essere sempre ben visibile, ed è eventualmente possibile asportare i polloni basali o "rifinire" con un rasoio i tessuti della marza e del soggetto.
 
L’affrancamento
Una marza che abbia raggiunto dimensioni adulte può essere staccata dal soggetto e posta a radicare separatamente. Tuttavia non vi è alcuna garanzia sul risultato, dato che alcune specie fanno molta fatica ad emettere radici proprie. Pertanto sarebbe meglio informarsi da un esperto prima di correre inutili rischi. Un discorso diverso va fatto per l’affrancamento naturale, che avviene però solo nel caso di portainnesti molto bassi e costituisce in ogni caso un processo che può richiedere diversi anni. Sostanzialmente con la crescita negli anni della marza, il soggetto si fa sempre più piccolo e viene per così dire "mangiato" fino a diventare quasi invisibile. In questo modo i tessuti della nostra marza andranno a contatto col terreno e saranno stimolati ad emettere radici proprie; ciò determina per un certo periodo un’assunzione di sostanze tanto dalle radici della marza quanto da quelle del soggetto. Col tempo, il soggetto verrà sempre più escluso dagli scambi e, col crescere delle nuove radici, reso inutile fino a provocarne la morte. E’ evidente che la probabilità di riuscita di un affrancamento naturale dipende non solo dall’attitudine della marza ad emettere radici proprie, ma anche dalle particolari caratteristiche del soggetto. Abbiamo potuto osservare che gli innesti di Turbinicarpus emettono con una certa facilità radici proprie, anche su Pereskiopsis. Giuseppe Lodi parla nel suo libro di affrancamento naturale di Pelecyphora aselliformis.