LA PAUSA INVERNALE

La pausa invernale rappresenta per tutte le piante provenienti dalle zone temperate un momento tutt’altro che di riposo: durante l’inverno infatti, esse producono quegli ormoni necessari per convertire le gemme "a foglie" in gemme a fiore. Non solo, grazie alla variazione stagionale esse sono in grado di "contare" il tempo trascorso e vengono stimolate ad accumulare riserve nelle radici. Gli stimoli ambientali induttori di queste modificazioni metaboliche sono principalmente due: la diminuzione delle ore di luce e l’abbassamento della temperatura. Per esempio un cavolo biennale che è stato mantenuto a temperatura costante di 20 gradi, quindi in assenza di vernalizzazione, tende a crescere indefinitamente e il secondo anno non produce lo stelo fiorale tipico della specie. Allo stesso tempo esso non raggiunge mai la maturità e di conseguenza vive ben oltre i due anni previsti dal suo ciclo biologico, ma senza la possibilità di riprodursi. Una pianta perenne mantenuta in simili condizioni non modifica invece la durata della propria vita, ma rimane incapace di produrre fiori e quindi semi: il suo ritmo biologico viene totalmente alterato.
La maggioranza delle piante grasse non fa eccezione. Nel loro habitat sono sottoposte ad alternanze stagionali assai pronunciate, cui corrispondono forti escursioni termiche e massicce variazioni di piovosità. Cercare di riprodurre anche in coltivazione queste condizioni è di importanza fondamentale allo scopo di ottenere piante sane e dall’aspetto naturale, oltre che quelle meravigliose fioriture che sono in grado di regalarci.
La riduzione dell’attività metabolica delle piante grasse e quindi della loro crescita si ha parallelamente alla diminuzione delle ore di luce e l’aumento delle ore di buio corrispondenti alla stagione tardo estiva ed autunnale: durante questo periodo è consigliabile cominciare a diminuire gradualmente la frequenza delle annaffiature e sospendere completamente le concimazioni. Questo non solo per preparare le piante al riposo, ma anche - e forse soprattutto - perché il pericolo di attacchi fungini o di marciumi è strettamente connesso con la presenza di umidità e delle basse temperature. Al sopraggiungere dei primi freddi, quindi verso la metà-fine di ottobre, le piante vanno ricoverate in una stanza non riscaldata attorno ai 5-10° e il più possibile luminosa (la temperatura indicata rappresenta una media; per dati più specifici si consulti l’elenco delle temperature minime. Si tenga inoltre presente che alcune specie provenienti da zone a clima tropicale possono necessitare di temperature più elevate). In realtà la presenza di un'intensa luminosità durante la pausa invernale è nella maggioranza dei casi non indispensabile, in quanto le piante sono in riposo e quindi la loro crescita è bloccata. Costituiscono tuttavia una rilevante eccezione quelle specie a fioritura o crescita invernale, alle quali occorre garantire una fonte di luce e di sole sufficiente a sostenerne lo sviluppo. Dall’esperienza e dalla lettura di qualche buon manuale, il coltivatore potrà ricavare importanti nozioni base circa le esigenze e i ritmi di crescita delle singole specie. L’utilizzo di una serra o di un cassone esterni e riscaldati può ovviamente rappresentare una valida alternativa, che fra l’altro limita gli spostamenti delle piante e quindi il nostro lavoro.
Se la diminuzione delle ore di luce e della temperatura sono importanti stimoli a segnalare l’inizio della brutta stagione, la scarsità di apporto idrico è altrettanto importante affinché la condizione di stasi vegetativa venga mantenuta fino all’arrivo della primavera successiva. Proprio in questo senso le piante grasse si sono adattate, e cioè allo scopo di accumulare riserve idriche nei propri tessuti spugnosi da utilizzarsi durante la stagione secca, corrispondente al nostro inverno. Si raccomanda pertanto si limitare al massimo le innaffiature invernali, che potranno ridursi, nel caso di piante piccole e quindi maggiormente esposte alla disidratazione, a qualche saltuaria e superficiale spruzzata una-due volte al mese. Le piante più grandi possono non essere bagnate affatto durante tutta la durata dell’inverno. E’ infine importante che il luogo di riposo sia ben areato e quindi privo di umidità stagnante che potrebbe favorire la crescita e la proliferazione di malattie fungine.
Con l’arrivo della primavera – e da noi questo significa verso l’inizio di aprile - le piante possono essere riportate all’aperto ed inizialmente protette dai raggi del sole con una rete ombreggiante per evitare sgradevoli scottature all’epidermide. Ancora non vanno bagnate ed è importante non farsi impietosire dalle condizioni delle piantine visibilmente disidratate o retratte, evitando di innaffiare almeno fino a quando le condizioni climatiche e le temperature non si sono almeno un po’ assestate. Qualche veloce spruzzatura con un vaporizzatore potrà aiutare, in questa fase di transizione, la reidratazione delle piante prima che si possa ricominciare a bagnare con regolarità il terriccio.
Come spiegato sopra, una abbondante fioritura estiva rappresenta il coronamento di un buon riposo invernale: tutto sommato, sono sufficienti pochi accorgimenti di base per ottenere splendide performance dalle nostre piante!